A Firenze, dopo i Medici, l’arrivo nel 1737 dei Lorena portò il Granducato di Toscana ad un cambiamento rivoluzionario in tutti i campi: ci fu la volontà di trasformare una struttura assolutistica in uno Stato in cui i cittadini assumessero una maggiore partecipazione alla vita pubblica.
Fu soprattutto il secondo Granduca, Pietro Leopoldo, che, ben prima della rivoluzione francese, volle riformare tutta l’organizzazione amministrativa, sanitaria, commerciale, agraria, giudiziaria. Quest’ultima comportò anche, primo stato al mondo, l’abolizione delle torture e della pena di morte. La data del 30 novembre del 1786 è ricordata anche dalla Regione Toscana, il cui Consiglio stabilì nel 2000 che il 30 novembre, data della firma della legge da parte del Granduca, fosse la Festa della Toscana. L’assurdo successivo fu che dopo il 1861, con la nascita del nuovo Regno d’Italia, la pena di morte, prevista nella legislazione statale (ex piemontese) rimase in vigore in tutto il regno ad eccezione della Toscana. Infatti il Senato del Regno ne bocciò l’estensione a tutta l’Italia.
Limitandoci alla sola riorganizzazione comunale, il Granduca volle fare rinascere i Comuni per coinvolgere i cittadini nelle decisioni e nelle spese, affidando ad essi l’amministrazione economica e togliendo ogni ingerenza dello Stato che avrebbe però mantenuto la soprintendenza e la sorveglianza, con un Cancelliere comunicativo di nomina granducale.
Dopo avere costituito i Comuni periferici, si istituì per ultimo quello di Firenze (20 novembre 1781).
Il Comune (denominato “Comunità”) era retto da un “Magistrato” costituito da un Gonfaloniere (estratto dalla lista della nobiltà) e da 11 Priori sorteggiati fra i cittadini possessori di beni stabili tassati per oltre 2 fiorini. Il “Magistrato” era affiancato da un “Consiglio” di 20 membri estratti fra coloro che avevano una tassazione inferiore a 2 fiorini. Gli incarichi duravano un anno. Il rifiuto all’accettazione veniva penalizzato con 100 lire (“tassa di rifiuto”) e l’assenza ad una riunione veniva tassata 4 lire (“tassa di appuntatura”).
La sede della Comunità fu stabilita nel Palagio di parte guelfa.
La prima riunione fu dedicata alla scelta dello stemma: fu scelto il giglio rosso in campo bianco. Subito dopo il rifacimento di molte strade e fogne il cui mantenimento, precedentemente affidato ai proprietari delle case prospicienti, era stato da loro abbandonato.
Poiché molte delle spese della “Comunità” erano a carico dei cittadini, non mancarono contrasti fra il Granduca e la Magistratura cittadina: per esempio l’illuminazione. Pietro Leopoldo voleva che di notte la città fosse illuminata ed inviò alla “Comunità” un progetto di illuminazione con 46 lampioni. Apriti cielo! Tutti contrari e nessun favorevole. La spesa complessiva di 15.100 scudi per l’olio, l’accensione e il mantenimento dei fanali sarebbe stata eccessiva per i cittadini! Nella relazione al Granduca si obiettò che le carrozze avevano i fanali, mentre i pedoni con poca spesa potevano portarsi seco una lanterna, tanto più che dopo le nove tutti erano a letto e nelle ore “più tenebrose” dopo le 11, nessuno si trovava per strada. Quanto alla sicurezza, fu scritto, le strade illuminate non impedivano le aggressioni, anzi le favorivano: “l’affronto nelle tenebre ha i suoi pericoli per l’aggressore, non lasciando conoscere le armi che suole avere quello che dovrebbe essere assalito; onde un cattivo si asterrà da un colpo che le tenebre gli rendono incerto; lo farà quando la luce lo renderà per lui sicuro. Da notare che il lastrico delle strade, in tempi asciutti, mitiga l’oscurità! E se non fosse sufficiente, ci sono 78 lumi davanti ai tabernacoli sparsi per la città che illuminavano “religiosamente” e bene e che non costavano nulla perché mantenuti dai privati, ad eccezione dei tempi di scarsità dell’olio, nei quali anche i tabernacoli rimanevano al buio, contentandosi i fiorentini di dire: - Buona notte Gesù, l’olio gli è caro!-“ Il Granduca quando lesse la risposta si irritò e inviò un secondo progetto con un numero di lampioni ridotto a 26 e questo fu approvato.
Quest’episodio dimostra la parsimonia del Magistrato e del Consiglio, parsimonia che loro usarono anche per l’appannaggio previsto per i consiglieri. Infatti all’inizio del mandato stabilirono l’assegnazione di soli 30 scudi annui al Gonfaloniere e ai Priori e 6 scudi ai Consiglieri. Si tenga presente che l’appannaggio del Gonfaloniere di Prato era di 200 scudi.
Enrico Pieragnoli Couture
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